Almaviva – la parola ai lavoratori!
Pochi giorni fa i lavoratori Almaviva si sono espressi con un referendum sull’accordo ipotizzato tra azienda e sindacati. La volontà dei lavoratori è emersa con chiarezza, considerando che la stragrande maggioranza di loro ha votato No, bocciando quindi l’ipotesi di intesa. Intervistiamo Antonio Esposito che è RSU per l’ Slc-Cgil del sito napoletano dell’azienda leader dei call center in Italia.
Ci riassumi brevemente cosa è successo negli ultimi mesi in Almaviva
La crisi di Almaviva così come quella del settore Telecomunicazioni è una crisi strutturale. Negli ultimi mesi l’azienda ha deciso di affondare il colpo, gli ultimi accordi sindacali a suo avviso non hanno prodotto gli effetti sperati, su tre delle sei sedi nazionali i margini di profitto non sono aderenti ai target aziendali e rendono quindi l’investimento capitalista poco conveniente. A ciò si aggiunge la perdita di alcune commesse, anche pubbliche, dovute alle gare al massimo ribasso negli appalti. Il 21 Marzo in contemporanea sulle sedi di Palermo, Roma e Napoli l’azienda dichiara l’inizio della procedura di licenziamento per circa 3000 operatori, procedura di 75 giorni scongiurabile unicamente attraverso un accordo tra azienda e parti sociali.
Come hanno risposto i lavoratori all’annuncio dei licenziamenti?
Il 21 Marzo prima dell’incontro tra RSU e azienda la presenza delle camionette della polizia fuori i cancelli non lasciavano presagire nullo di positivo. Dopo la relazione dell’azienda, in cui motivava le ragioni dei licenziamenti, come RSU e come lavoratori abbiamo deciso di esortare i nostri colleghi ad una risposta di conflitto immediata: dalle postazioni tutti hanno deciso di interrompere l’assistenza agli utenti e siamo scesi compatti in cortile occupandolo per due ore nonostante l’opposizione momentanea di alcuni managers presenti in azienda che minacciavano l’uso collettivo di contestazioni disciplinari, ma il coro era ed è unanime: Almaviva è dei Lavoratori e non si tocca!
Qual è la posta in gioco per l’azienda?
L’azienda rivendica le sue proposte su due fronti: quello istituzionale e quello operativo. Da un lato lamenta l’assenza di regole nel settore dove per anni grazie a sgravi contributivi è riuscita a farla da padrona, dall’altro considera parte del proprio organico poco produttivo e quindi pretende nuove flessibilità operative che i committenti soprattutto nell’outsourcing ritengono sempre più stringenti e necessarie. Questo tipo di impostazione si pone l’obbiettivo di dividere i lavoratori, è un’impostazione inaccettabile: l’unico interesse che portiamo avanti è quello dell’unità di classe, dell’unita dei lavoratori a difesa della propria dignità, del proprio lavoro, dei propri diritti, dei propri interessi indipendentemente dai siti dove si svolge il proprio lavoro.
Qual è stata la posizione dei sindacati rispetto al referendum?
Il 26 Aprile, dopo numerose iniziative e scioperi, dall’unione degli industriali l’azienda ha partorito una proposta d’accordo: percentuali identiche del contratto di solidarietà rispetto all’ultimo accordo sui siti impattati dai licenziamenti (45 Roma e Palermo, 35 Napoli) negli altri piccolissime quote inserite per “accontentare” le direttive del Ministero dello Sviluppo economico su una condivisone degli esuberi, rispetto agli ultimi accordi: commesse, quindi, pluri-localizzate hanno percentuali asimmetriche, dove i margini di profitto a detta aziendale sono bassi c’è una maggiore flessibilità. Anche su altri versanti ci sono peggioramenti: i part-time a 5ore e 6ore sono impattati da una maggiore flessibilità nell’utilizzo dell’ammortizzatore, la modulazione dell’ammortizzatore sociale con queste percentuali ogni 15 giorni e non ogni mese, inoltre, contribuisce ad aumentare il reale impatto salariale dello stesso ammortizzatore, il cui declassamento di dicembre (da ammortizzatori industria siamo passati ad ammortizzatori in deroga) ha già penalizzato le esigue retribuzioni; non possiamo, infatti, dimenticare che la maggior parte dei lavoratori di questa azienda ha un contratto part-time a 4ore. Sulla proposta d’accordo sindacale c’è stata poca “chiarezza” da parte dei vertici sindacali. Formalmente il sindacato non ha preso posizione, cosa che ha lasciato margini ad ambiguità. Come Sindacato è un’altra cosa “Opposizione-Cgil” abbiamo invece prodotto un nostro volantino e manifestato fortemente il nostro No ai licenziamenti, a qualsiasi accordo al ribasso, a qualsiasi peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro!
Come commenti i risultati del referendum? Perchè era irricevibile per i lavoratori?
I lavoratori hanno dato un forte segnale di insostenibilità sociale. Circa il 90% dei lavoratori a livello nazionale ha rigettato questo accordo. Come diceva Gramsci la verità è sempre rivoluzionaria e la verità è che questo lavoro diventa sempre più massacrante, aumentano le pressioni, diminuiscono i tempi richiesti di conversazione con l’utente perchè i profitti devono aumentare e intanto i salari sono sempre più bassi! Abbiamo già rigettato nelle ultime trattative il controllo da remoto e l’utilizzo dei dati produttivi individuali come strumento di divisione. I lavoratori vogliono lavorare, avere garanzie occupazionali ma non a queste condizioni peggiorative. Il ricatto occupazionale è inaccettabile.
Come pensi bisogna proseguire la mobilitazione?
E’ necessario scendere in piazza, in questi giorni si stanno facendo degli scioperi territoriali, è necessario uno sciopero nazionale unitario e condiviso al più presto, se necessario anche più di uno. Siamo nella seconda fase della vertenza adesso è il ministero del lavoro il luogo dove azienda governo e parti sociali devono trovare una quadra che come dimostrato dai lavoratori attraverso il conflitto e il referendum non deve toccare la pelle dei lavoratori. Manca meno di un mese ma siamo tutti consapevoli che non finisce qui. Dobbiamo continuare a lottare affinchè il nostro lavoro e i nostri diritti vengano rispettati, per avanzare dobbiamo essere tutti consapevoli che solo una lotta di classe paga! Garanzie Occupazionali per tutti i lavoratori e le lavoratrici, No ad un accordo al ribasso!
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