Accordo Saeco – Era l’unica soluzione possibile?

Il 9 febbraio si è chiusa la vertenza contro i 243 licenziamenti alla Saeco annunciati dalla proprietà Philips. Dopo 73 giorni di presidio e di blocco delle merci ai cancelli della fabbrica, le lavoratrici e i lavoratori protagonisti della lotta hanno approvato l’accordo raggiunto il 5 febbraio al ministero dello sviluppo economico tra azienda, sindacati, ministero e regione Emilia-Romagna. Su 541 dipendenti hanno votato in 459 (84%). I Si sono stati 438 (95%), i No 14, 4 schede bianche e 3 nulle.

I principali contenuti dell’accordo

E’ prevista la cassa integrazione straordinaria per 400 dei 558 dipendenti fino al 15 novembre 2016 in contemporanea con la mobilità volontaria incentivata. Le cifre lorde sono di 75mila euro per chi vi aderirà entro il 10 aprile, che diventeranno 55mila per gli aderenti fino al 30 giugno per poi scendere a 40mila dal 1 luglio. Si punta a ridurre il personale di circa 200 unità, oltre un terzo degli attuali dipendenti. Dopo il 15 novembre alla cassa integrazione seguirà un contratto di solidarietà.

Nell’accordo la Philips si impegna a trasformare lo stabilimento di Gaggio Montano in un centro per lo sviluppo e la produzione di macchine di fascia alta attraverso l’investimento di 23 milioni di euro nei prossimi 2 anni, formazione e riqualificazione del personale. Verranno messi a disposizione i capannoni inutilizzati per altre imprese interessate ad investire nel territorio (su questo punto la Fim auspica un ruolo attivo di Unindustria Bologna… ).

Dal canto suo, la regione Emilia Romagna si adopererà per ricollocare i lavoratori che si licenzieranno dalla Saeco.

Nulla di fatto per quanto riguarda le produzioni trasferite nello stabilimento rumeno dalla Philips senza rispettare i precedenti accordi sui piani industriali. Ricordiamo che era questo l’oggetto dell’incontro del 26 novembre scorso chiesto da RSU e sindacati dove l’azienda aveva risposto con l’annuncio di 243 esuberi.

Quale futuro per i lavoratori?

Negli ultimi 3 anni, prima di questa pesante ristrutturazione, la Saeco aveva già perso 60 lavoratori con la mobilità volontaria incentivata, mentre altri 65 hanno seguito la cessione di ramo d’azienda da cui è nata Saeco Vending, macchine da caffè per ufficio. In più, tanta cassa integrazione e accordi non rispettati da parte dell’azienda. Infatti, anche a fronte del raggiungimento degli obiettivi produttivi e di profitto pattutiti per lo stabilimento di Gaggio Montano, Philips ha continuato a esternalizzare in Romania. Per molti lavoratori e soprattutto lavoratrici – che sono oltre l’80% dei dipendenti – come ci si può fidare di una multinazionale che grazie ai profitti fatti in Italia e all’estero, e agli aiuti statali attraverso gli ammortizzatori sociali e le agevolazioni per le stabilimenti costruiti in aree depresse, riesce a liberarsi senza grosse spese di chi considera un esubero? Quanti sarano coloro che decideranno di prendere i soldi e lasciare non solo la Saeco, ma anche la montagna per tentare altre vie occupazionali? A due settimane dall’accordo pare che siano già un centinaio ad aver firmato per la mobilità e i 75mila euro lordi, magari confidando nell’impegno della regione per la ricerca di una ricollocazione, sebbene la Cgil continui a stimare almeno 90 mila persone in cerca di lavoro nella provincia di Bologna. Naturalmente c’è anche chi vorrà restare perchè si è costruito una vita tra i monti dell’alta valle del Reno. Si spezza una comunità che si era cementata nella lotta e che ora tra soddisfazione e amarezza ha preso atto che non aveva a disposizione un’alternativa diversa da opporre all’arroganza padronale. E di questo non hanno sicuramente nessuna responsabilità.

Regione, governo e ruolo dei sindacati

Per Stefano Bonacini, presidente della regione Emilia-Romagna, la quasi unanimità raggiunta dal si all’accordo da parte dei lavoratori Saeco dimostra che hanno ben compreso come si sia riusciti a raggiungere il massimo possibile nelle condizioni date. Renzi invita a festeggiare il risultato ottenuto grazie all’impegno della ministra Guidi, del presidente Bonacini, dell’azienda e dei sindacati. Il segretario della Fim di Bologna, Mazzini, parla di ottimo risultato perchè i lavoratori hanno capito che di più non si poteva ottenere e fare in una vertenza così dura e complicata. Anche per Papignani, segretario della Fiom regionale, di più non si poteva fare se si voleva evitare la rottura. Insieme a Monti, segretario della Fiom di Bologna, non parlano di vittoria ma dell’unico accordo possibile.

Niente di nuovo dai massimi dirigenti del PD a conferma della direzione di un partito e di un governo interpreti degli interessi del padronato. A dicembre scorso Taddei, il responsabile economico nazionale del PD, dichiarò che era illusorio mantenere tutti i posti di lavoro in Saeco.

Così come non meravigliano i giudizi di dirigenti sindacali che hanno diretto la vertenza. Da tempo in casa Fiom non si parlava d’altro che di una soluzione per evitare i licenziamenti unilaterali sapendo di non mantenere i livelli occupazionali della Saeco. Di fronte alla fermezza della Philips era necessario dare un indirizzo più radicale non solo alle forme di lotta, ma anche porsi obiettivi che mettessero in discussione la proprietà della Saeco. Certo non andavano imposte ma ragionate e condivise con le lavoratrici e i lavoratori della Saeco che hanno dimostrato una capacità di lotta esemplare. E qui si misura il ruolo che avrebbero potuto giocare i dirigenti della Fiom organizzando anche tutti coloro – lavoratori, studenti e negozianti – che non solo a livello locale hanno sostenuto e simpatizzato con il presidio e il blocco delle merci ai cancelli della Saeco.

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