Accordo Amazon – La lotta non è in saldo!
Dopo il primo grande ciclo di lotte messo in atto dai lavoratori Amazon del sito di Piacenza, che li aveva visti scioperare anche durante il Black Friday (il giorno dei grandi sconti) e a Natale, il 22 maggio è stato siglato un accordo tra i sindacati confederali e l’azienda. Un accordo definito storico dalle parti per il suo carattere di novità (è il primo firmato dall’azienda) ma che appare del tutto insufficiente di fronte ai problemi sollevati dai lavoratori che avevano portato allo sciopero. Non crediamo sia un caso che questo accordo sia stato votato solo da un terzo della forza lavoro e approvato col 68% dei voti.
I lavoratori avevano scioperato contro i ritmi di lavoro insostenibili, il supersfruttamento, il controllo a distanza e l’organizzazione del lavoro. Tutte cose che restano sostanzialmente invariate. L’accordo infatti regola solo i turni di lavoro, introducendo alcuni piccoli miglioramenti per lo più di facciata. Vengono introdotti tre turni a rotazione su cinque giorni e su base volontaria, viene abolita l’obbligatorietà dei turni fissi pomeridiani e notturni, viene riconosciuta la rotazione su otto settimane del lavoro nel fine settimana, oltre a un aumento al 25% della maggiorazione del lavoro notturno (era al 15%). Ma tutto questo salvo “necessità aziendali” per picchi di lavoro. In sostanza, nel periodo da settembre a gennaio, quello dove si lavora di più, tutto rimane invariato e l’azienda può imporre straordinari, lavoro nei fine settimana e turni notturni obbligatori.
Lo scorso 30 maggio l’ispettorato del lavoro ha accertato che nel periodo tra luglio e dicembre 2017 Amazon ha abusato dei contratti interinali. A fronte di un limite mensile di 444 contratti attivabili ha superato il limite di 1.308 contratti. Il ministero del Lavoro a giugno ha ribadito che l’azienda deve assumere i 1.300 lavoratori. Lo sciopero del Black Friday era stato il 24 novembre, cioè proprio mentre c’era il picco di lavoratori interinali, eppure nell’accordo non c’è traccia neanche di un’ipotesi di assunzioni nonostante sia evidente che questo è uno dei problemi più sentiti. Come del resto il silenzio è calato anche sul famoso braccialetto elettronico.
I lavoratori avevano deciso di lottare per non essere più considerati numeri, schiavi da spremere a più non posso, e si ritrovano con un accordo che li lascia in balìa del volere dell’azienda, che con la giustificazione del “picco” di lavoro può ancora decidere il bello e il cattivo tempo.
La lotta dei lavoratori Amazon, 3mila in tutta Italia di cui 1600 (più 2mila interinali) impiegati nel sito di Piacenza, è stata importante perché ha dimostrato ancora una volta la volontà dei lavoratori di rivendicare la propria dignità di persone, così come la loro forza. Gli scioperi hanno costretto un gigante delle nuove tecnologie come Amazon a sedersi al tavolo, cosa che non voleva assolutamente fare. Ma tutti, dal sindacato alle istituzioni, evidentemente più interessati a rivendicare il proprio ruolo che agli interessi dei lavoratori, si sono precipitati a gettare acqua sul fuoco.
Si è firmato un accordo tanto per mettere una firma, per poter sbandierare un risultato, non importa quanto esiguo. I lavoratori hanno dimostrato forza e coraggio, non altrettanto hanno fatto le direzioni sindacali e i politici. Ma lotta di classe non è in saldo e presto o tardi i nodi torneranno al pettine e i lavoratori a scioperare. Con la lotta, con la determinazione ad andare fino in fondo, si può ottenere molto di più (Amazon produce 2 miliardi di dollari di utile all’anno, in costante crescita), ma serve un’altra direzione sindacale, serve un sindacato che vuole davvero cambiare le cose, portando avanti gli scioperi fino a ottenere r
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