6 marzo, scuola in sciopero. Contro il precariato, per un contratto degno!

Oltre un milione di lavoratori nelle scuole, tra insegnanti, bidelli e altro personale, si ritrova con il contratto nazionale scaduto da più di un anno. A fine gennaio, un comunicato stampa unitario dei sindacati ha annunciato la rottura del tavolo di trattativa con il Miur. Questa, protrattasi per mesi e mesi e portata avanti senza coinvolgere chi nelle scuole ci lavora quotidianamente (nessuna assemblea è stata fatta dall’avvio dell’anno scolastico), ha alla fine reso evidente anche ai dirigenti sindacali ciò che risultava chiaro fin dall’inizio: l’attuale Governo, come il precedente, è tutt’altro che propenso ad investire nella scuola pubblica. Nonostante il mix di rivendicazioni estremamente generiche (“valorizzare la professionalità del personale de l comparto”, “perequare le retribuzioni del settore alla media di quelle del comparto pubblico” sono alcuni esempi) avanzate dall’Flc-Cgil unitariamente alle altre sigle nella vana illusione di poter giungere ad un accordo purchessia, l’indisponibilità del Ministero a mettere in campo un serio percorso di immissione in ruolo ha posto i sindacati sulla strada della mobilitazione.

100mila posti vacanti

Il precariato nel settore dell’istruzione raggiunge numeri impressionanti. Senza nemmeno contare le supplenze temporanee, i soli posti vacanti nelle scuole risultano essere ogni anno oltre 100mila: sistematicamente, tra settembre e ottobre, un esercito di insegnanti, collaboratori scolastici, amministrativi, tecnici, viene assunto per 8 o 9 mesi salvando il sistema scolastico dall’implosione. Un’assurda dinamica che si ripete da vent’anni: “I problemi del reclutamento, a partire dall’inaccettabile congelamento delle assunzioni a tempo indeterminato, rappresentano insieme a quello del precariato una vera emergenza per il sistema scolastico statale italiano” denunciavano i sindacati… nel settembre 2003! In tutti questi anni la situazione è cambiata in peggio e paradossalmente la possibilità di andare in pensione con quota 100 rende il quadro ancora più drammatico. Una battaglia per l’immissione in ruolo dei precari non può rimanere sulla carta o continuare ad essere rimandata, deve inserirsi in una lotta più ampia che punti a mobilitare l’intera categoria, cercando anche il sostegno di studenti e famiglie.

L’immediata stabilizzazione del personale su tutti i posti vacanti mediante corsi di formazione gratuiti deve essere uno degli elementi centrali presenti nella piattaforma rivendicativa, ma non può essere l’unico. Dopo anni di perdita di potere d’acquisto, è imprescindibile un adeguato aumento salariale per l’intero settore, l’aumento di 20 euro per gli stipendi più bassi attraverso il taglio del cuneo fiscale appare una presa in giro: vanno rivendicate retribuzioni non al di sotto della media europea dei rispettivi colleghi. Va inoltre messo in discussione un sistema fondato sull’autonomia scolastica che vede le scuole in competizione tra loro, a caccia del contributo di famiglie e privati, con sempre meno risorse da parte dello Stato. Nella maggior parte degli istituti la contrattazione integrativa altro non è che la presa d’atto dell’inconsistenza dei fondi: le esigue risorse vengono distribuite cercando di limitare, per quanto possibile, il numero degli incarichi aggiuntivi sottopagati.

Tutto questo va cambiato. Questo sciopero rompe finalmente con un attendismo che aveva portato a revocare lo sciopero già convocato nel maggio 2019. Il 6 marzo deve avviare la svolta, con uno sciopero che sia l’inizio di un efficace percorso di lotta: assemblee nei territori, con precisi punti rivendicativi, parole d’ordine e obiettivi chiari per arrivare al blocco delle scuole e di ogni attività. Nessun miglioramento arriverà come gentile concessione da parte del Governo, l’esempio da seguire è quello messo in campo dai lavoratori francesi: non esiste strada alternativa al protagonismo dei lavoratori e alla loro determinazione nelle piazze.

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