25 aprile - L’antifascismo è lotta di classe!
Anche quest’anno, come accade da tempo, il 25 Aprile le istituzioni, il partito democratico e quel poco che rimane della sinistra riformista tireranno fuori tutto l’armamentario della retorica sull’unità nazionale e sul tricolore. I proclami altisonanti sulla difesa della Patria certamente non mancheranno e qualcuno farà appello a “ritrovare la concordia e superare le divisioni” per fronteggiare la crisi economica, seguendo “lo spirito di difesa dell’interesse della nazione” che ispirò i costituenti.
Qualche candidato democratico e liberale nelle elezioni amministrative tirerà fuori l’antifascismo, opportunamente depurato da qualsiasi contenuto di classe e rivoluzionario, per cercare di raccogliere una manciata di voti di qualche smarrito elettore di sinistra.
Questo tipo di antifascismo di maniera è lo stesso che ha trasformato la lotta dei partigiani in una icona inoffensiva relegandola ad una storia passata del ‘900 da conservare a mo’ di soprammobile.
La realtà delle cose è molto diversa da come la descrivono questi politici al servizio del grande capitale in piena assonanza con le istituzioni “democratiche”.
L’antifascismo non solo non ha perso il suo valore ma oggi più che mai ha senso perché le condizioni di vita e di lavoro sono sempre più schiacciate verso il basso e la classe dominante propone di tornare a vivere e lavorare come si faceva durante il ventennio.
I diritti sindacali si restringono, gli abusi polizieschi si alimentano di un nuovo caso ogni giorno, le istituzioni “democratiche” sono sempre più impermeabili alle esigenze del popolo, la stessa democrazia parlamentare è ormai ridotta ad un teatrino in cui non si decide quasi nulla.
L’antifascismo oggi non è fatto solo della memoria dei partigiani che volevano fare la rivoluzione ma ha trova un suo fondamento nella lotta di classe e nella forza dei lavoratori organizzati.
La Grecia ne è l’esempio più lampante. Un paese che ha reagito alla crisi con gli scioperi generali e con la mobilitazione e che ha visto i fascisti di Alba Dorata agire come fedeli servitori del grande capitale in tutti i passaggi chiave in cui gli avvoltoi della Troika hanno saccheggiato il paese e attaccato il tenore di vita delle masse.
È in base a questa consapevolezza che nel fine settimana del 26-27 Marzo i lavoratori della Novotel di Atene hanno impedito lo svolgimento del congresso di Alba Dorata dopo che era stato accordato dalla direzione dell’albergo. Nel loro comunicato hanno dichiarato ”Essi sono i responsabili della morte di Pavlos Fyssas, i responsabili di dozzine d’attacchi contro immigrati, giovani, sindacalisti e militanti di partiti ed organizzazioni antifasciste ed antirazziste.
Questi fascisti spesso non sono accettati negli hotel, ma i proprietari di Novotel hanno consentito loro di organizzare il congresso del loro partito. A coloro che lodano i nazisti di Hitler, i campi di sterminio nazisti in Germania, il fascismo e la Giunta dei colonnelli (la dittatura militare in Grecia tra il 1967 il 74, ndt), i teppisti macellai e i cani servili del grande capitale, coloro che disseminano il loro odio razzista e la loro intolleranza all’interno della società, non devono essere concesso alcuno spazio e sono indesiderabili per i lavoratori dell’hotel e di tutto il resto dell’industria alberghiera. Una banda che è stata legalizzata come partito dopo la loro entrata nel parlamento nel 2012, con la connivenza di alcuni, a nostro parere non è altro che una mandria di nazisti che servono i potenti e colpiscono i deboli. La classe operaia possiede la memoria e la consapevolezza necessarie per condannarli e schiacciarli. Nessuno spazio ai fascisti, mai!”
Qualcuno potrà pensare che una simile vicenda è possibile solo in un paese come Grecia ma la storia è ben diversa. Anche nel nostro paese la consapevolezza di quanto ”i fascisti siano i cani da guardia del capitalismo” ha una lunga tradizione nel movimento dei lavoratori. Un esempio è quando nel giugno 1973 il segretario del Movimento Sociale Italiano, il fucilatore di partigiani Giorgio Almirante, si vide rifiutato il pasto all’autogrill Cantagallo nei pressi di Bologna per uno sciopero improvviso dei dipendenti che, poi processati (e assolti), dichiararono ”C’è poco da fare, qui a Bologna per i fascisti non c’è nemmeno un panino”.
Ma l’esempio migliore che abbiamo è quello della vera e propria rivolta del giugno/luglio 1960 a Genova quando per giorni, con scioperi, manifestazioni e scontri, centinaia di migliaia di lavoratori e giovani diedero vita ad una mobilitazione che partì dalla città ligure e divampò in tutta Italia, costringendo i fascisti dell’Msi a sospendere il loro congresso.
Per usare le parole del partigiano Aldo Damo ”quando una realtà economica, sociale e politica si rende insopportabile, quando un confronto democratico è negato, quando la sete di giustizia e di libertà resta insoddisfatta, quando è in atto un generale fenomeno involutivo che mette in periodo lo stesso processo storico e l’unica e ultima soluzione rimane un atto di forza, allora si impone uno scontro, una lotta partigiana, una insurrezione, una rivoluzione!“
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