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23/9: Global Climate Strike – Ci salverà la lotta, non i governi!

Si è appena chiusa una delle estati più calde degli ultimi decenni. Dallo scorso luglio, eventi climatici estremi hanno attraversato le coste del Mediterraneo con una frequenza allarmante. Nell’Oceano Indiano solo pochi giorni fa imponenti inondazioni, causate da monsoni tre volte più forti del normale, hanno portato allo sfollamento di 50 milioni di persone in Pakistan. La ragione principale di questi cambiamenti è il riscaldamento globale.

 

Il bollettino di guerra dell’estate

Per l’Italia si è parlato dell’estate più torrida di sempre, con temperature stabilmente sopra la media storica. Il CNR ha stimato che lo scorso giugno sono stati raggiunti i picchi massimi dalle prime rilevazioni, risalenti al 1800. Con la tropicalizzazione del clima e l’aumentata violenza dei venti è diventato più complicato arginare la propagazione del fuoco: l’Italia è il secondo paese al mondo per numero di incendi, che hanno distrutto più di 160mila ettari. I governi continuano a stanziare solo poche briciole al settore della prevenzione e della sicurezza dell’ambiente. A fronte di una normativa che stabilisce l’assunzione di un vigile del fuoco ogni 15mila abitanti, in Italia ce n’è solo uno ogni 150mila. Il risultato è che abbiamo visto per giorni le nostre montagne bruciare, aumentando sensibilmente il rischio idrogeologico. Il problema riguarda anche altri paesi del Mediterraneo, come Francia, Spagna e Portogallo.

In Italia questa estate sarà ricordata per l’emergenza legata alla siccità e ai danni che ha provocato specialmente nel settentrione, dove in alcuni comuni sono state varate misure di razionamento. In generale, nei primi mesi del 2022, le precipitazioni sono diminuite del 45% tanto che, al di là del caso più famoso che riguarda l’abbassamento del livello del Po, una buona parte dei laghi è arrivata ai minimi storici. Nonostante l’estate da record, con i circa 300 miliardi di metri cubi di acqua che cadono annualmente, l’Italia resta ancora un paese sufficientemente piovoso. Di tutta quest’acqua piovana però si riesce a trattenere (e quindi ad utilizzare) solo un misero 11%. Secondo un recente report dell’ISTAT emerge che le perdite della rete idrica ammontano al 42%, con alcune province che raggiungono l’80%. Viene calcolato che gli sprechi per abitante siano di 156 litri di acqua al giorno, con forti disparità territoriali. Insomma, si costringe la popolazione al razionamento mentre si lasciano in condizioni pietose le infrastrutture e questo avviene perché i governi decidono coscientemente di non fare degli investimenti. La FAI (Fondo Ambiente Italiano) sostiene che al ritmo attuale servirebbero 250 anni per rinnovare la rete idrica nazionale!

 

Le elezioni e la questione ambientale

A guardare i programmi dei principali partiti politici impegnati nella campagna elettorale sembrerebbe che la difesa dell’ambiente sia una priorità condivisa, ma non è così. Quasi tutti fino a poco fa hanno sostenuto il governo Draghi e il ministro Cingolani nei loro piani di transizione ecologica fatta di riapertura delle centrali a carbone e di ritorno al nucleare. Per di più di fronte alla crisi energetica provocata dalla guerra in Ucraina, l’orizzonte di tutti i partiti principali si limita alla ricerca di venditori di gas diversi dalla Russia, con buon pace di qualsiasi piano di riconversione ecologica per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili.

Il 23 settembre in tutto il mondo ci sarà il prossimo sciopero per il clima convocato da Fridays For Future. Questa manifestazione in Italia assume un significato politico maggiore rispetto a quanto avviene altrove perché cade a soli due giorni di distanza dalle elezioni. Lo slogan che viene utilizzato per l’occasione, ovvero “Persone, non Profitti”, punta giustamente il dito contro il sistema economico. Nel comunicato appare però anche un appello “alle istituzioni e ai politici ad ascoltare la ricerca scientifica” e a chi ha il potere di assumersi le responsabilità di intervenire. Tutte queste istituzioni sostengono tuttavia il sistema economico capitalista, che è responsabile della crisi climatica.

Qualsiasi governo, a maggior ragione uno di destra (Fratelli d’Italia è a favore di rigassificatori e nucleare), andrà combattuto perché non sarà diverso dai precedenti che hanno ignorato le richieste delle piazze.

La nostra dovrà dunque essere una lotta che, invece di affidarsi a questi signori che hanno sempre fatto gli interessi delle multinazionali, punti ad abbattere il capitalismo e creare un nuovo sistema economico che, libero dalla logica del profitto, possa davvero salvaguardare l’ambiente in cui tutti viviamo.

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