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1940 – 2018: 78 anni dall’assassino di Lev Trotskij – Esteban Volkov racconta

Il 20 agosto del 1940 il grande teorico marxista e combattente rivoluzionario Lev Trotskij veniva assassinato da un sicario di Stalin. Qui riproponiamo una trascrizione del discorso che Esteban Volkov, nipote di Trotskij, tenne alla fine di luglio del 2003 in una riunione della Tendenza marxista internazionale.
Stalin e la burocrazia che egli rappresentava si sono mantenuti al potere calpestando i cadaveri dei dirigenti della Rivoluzione russa del 1917 ed hanno impiegato tutte le loro forze per liquidare definitivamente il bolscevismo, i sostenitori di Trotskij, la sua stessa famiglia ed infine Trotskij stesso.
Stalin e i suoi sgherri sono ormai divenuti polvere da molto tempo. Le loro idee, che condannarono alla sconfitta un movimento rivoluzionario dopo l’altro, sono state da tempo gettate nella pattumiera della Storia. Le idee di Trotskij e del vero bolscevismo invece sono più che mai vive.
Il tentativo mostruoso degli stalinisti di spegnere la fiamma della rivoluzione mondiale, assassinandone il suo più strenuo difensore, è fallito. Con questo discorso Esteban Volkov riannoda il filo spezzato della storia di fronte ad una nuova generazione che sta riscoprendo le idee rivoluzionarie di Trotskij, strumenti indispensabili per costruire un mondo nuovo.


Per cominciare vorrei ringraziare tutti i compagni della Tendenza marxista internazionale e la Fundación Federico Engels.

È molto importante ristabilire la verità storica nel mare di confusione, falsificazioni e alterazioni perpetrate dagli oppressori e dagli sfruttatori del mondo entro la struttura della lotta di classe nel tentativo di preservare lo status quo.

Non sono un esperto di religioni, ma penso contengano una grande verità: l’esistenza dell’inferno. L’unico lieve errore concerne la sua collocazione, che non è nelle profondità della terra, ma qui in superficie, sotto il dominio dell’impero della produzione e del capitale privati. In questo inferno vivono almeno tre quarti dell’umanità. Tutti i progressi tecnologici e scientifici ottenuti sono usati per lo sfruttamento più efficiente dei lavoratori e delle risorse naturali.

La scelta è tra morire di fame o per le bombe intelligenti.

Esteban Volkov

Una domanda importante si pone: a cosa è valsa la grande rivoluzione dell’Ottobre 1917? Essa fu annientata dallo stalinismo che provocò la morte di decine di milioni di persone e la distruzione della stragrande maggioranza dei movimenti rivoluzionari, agevolando la sopravvivenza del capitalismo nella sua fase più parassitica e distruttiva.

La risposta è chiara, nessun dubbio in proposito. Per far riemergere l’umanità dall’inferno del capitalismo e del totalitarismo burocratico, per giungere a una nuova civilizzazione nella quale il genere umano non sarà più usato come merce e occuperà il posto che le spetta, per ottenere tutto ciò nessun sacrificio sarà troppo alto o sarà compiuto invano.

Mi tornano in mente alcune frasi che Trotskij pronunciò davanti ai compagni americani in occasione della fondazione della Quarta Internazionale:

“Non c’è mai stato compito più importante sulla faccia della terra, il nostro partito ci chiede di dare noi stessi completamente e senza riserve, ma in cambio ci offre la ricompensa più grande: la consapevolezza di partecipare alla costruzione di un futuro migliore, di portare sulle proprie spalle una particella di speranza per il genere umano, e che la nostra vita non è stata vissuta invano”.

La vita del rivoluzionario Lev Trotskij è una conferma di queste parole, una vita interamente dedicata alla rivoluzione, e che alla fine ebbe termine per la causa della rivoluzione.

Trotskij più di chiunque altro comprese il ruolo della burocrazia sovietica come freno alla rivoluzione. Nei suoi ultimi anni di vita, che considerava i più importanti, iniziò la costruzione di una nuova avanguardia rivoluzionaria mentre proseguiva la battaglia per smascherare il regime burocratico. La sua lotta impavida fece tremare il tiranno al Cremlino. Per tale motivo il suo assassinio divenne l’obiettivo principale di Stalin, il quale non risparmiò risorse umane e finanziarie per ucciderlo, riuscendo nel suo scopo il 20 agosto 1940.

Stalin e i suoi sicari stanno sempre più occupando il posto nella storia che meritano, in mezzo all’immondizia, nella galleria degli orrori di Nerone e Caligola.

Chi vi sta parlando, Seva Volkov, è l’ultimo sopravvissuto, l’ultimo testimone del capitolo finale della vita di Lev Trotskij in Messico.

Arrivai in Messico nell’agosto del 1939 con i Rosmer, amici di Trotskij, e Natalia, da Parigi dove avevo vissuto con la vedova di Lev Sedov. Era un bel cambiamento! La vita a Parigi con Jeanne era molto difficile per il dolore della perdita del suo compagno Lev Sedov.

Seva Volkov con i nonni, in Messico

A 13 anni arrivai in quella casa – Vienna 19 – a Coyoacan, Messico. La ricordo come una piccola comunità, una grande famiglia, una minuscola avanguardia di socialismo con un’atmosfera di solidarietà e valore umano… Ora mi rendo conto che erano le trincee della lotta politica. Natalia e Lev Trotskij erano circondati da un gruppo di giovani compagni di varie nazionalità, specialmente volontari statunitensi. Partecipavano alle attività che si svolgevano nella casa come guardie, addetti alla segreteria, ecc…

In casa c’era sempre molto fermento. Trotskij era molto attivo e vitale. Sapeva perfettamente che i suoi giorni erano contati e voleva portare avanti quanto più lavoro possibile nel poco tempo rimasto. Non trascurò mai la formazione politica dei compagni; spesso si tenevano riunioni nel pomeriggio o alla sera nel suo ufficio, dove non mancavano discussioni, controversie, ecc.

Alcune delle caratteristiche più rilevanti di LD (Trotskij) erano il suo meraviglioso senso dell’umorismo, l’interesse verso i compagni, il suo calore umano. Allo stesso tempo però era molto rigoroso con le regole e l’ordine. Una volta una giovane guardia, Sheldon Harte, lasciò la porta aperta. Trotskij, con senso premonitore, gli disse che questo errore era imperdonabile e che lui avrebbe potuto essere la prima vittima.

Un altro aspetto rilevante di LD era la sua grande ammirazione per il lavoro umano. Non tollerava privilegi o distinzioni. Ricordo di un problema occorso in casa una volta con un pozzo nero; Trotskij prese un piccone e iniziò a rimuovere le incrostazioni.

Ricordo un commento fatto ad André Malraux quando gli chiese, con l’intento di turbarlo, come si sentisse rispetto all’idea della morte. Pacatamente, egli rispose che la morte non è affatto un problema quando un uomo ha raggiunto il suo scopo nella vita.

La casa ferveva di attività. Da non molto avevano traslocato dalla casa di Frida Kahlo. L’edificio era cadente e aveva bisogno di molti restauri. Un compagno messicano, Mequiades, costruì recinti e gabbie per galline e conigli. Alex Buckman, che era un fotografo professionista ed esperto elettricista, installò il sistema di allarme. Scomparso di recente, egli fu l’artefice del migliore e ultimo archivio fotografico.

Nelle descrizioni della casa provenienti da altre fonti compaiono molti errori e falsificazioni. All’inizio non era per nulla una fortezza; avevamo solamente muri piuttosto alti e sul lato interno furono tesi un po’ di fili elettrici che, in caso di rottura, attivavano l’allarme, ma a causa dei piccioni abbiamo avuto molti mal di testa.

La stampa stalinista messicana lanciava attacchi e calunnie contro Trotskij. Per corrompere i giornalisti, migliaia di rubli arrivarono da Mosca e furono distribuiti generosamente. All’inizio del 1940 gli attacchi si intensificarono. Il commento di Trotskij fu: “sembra che questi giornalisti stiano scambiando le loro penne per mitragliatrici”. Il 24 maggio una banda di terroristi capeggiati dal pittore Alvaro Siqueiros irruppero nella casa e ne presero il controllo. Una parte si pose al riparo dietro un albero di fronte alla guardiola sparando all’impazzata tanto che le guardie erano incapaci di muoversi. Un altro gruppo inseguì LD e Natalia sparando da tre diverse angolazioni con dei Thompson dall’oscurità. Uno dei terroristi entrò nella stanza dove stavo dormendo e cominciò a sparare. Fu un vero miracolo che Trotskij sopravvisse, in parte per la rapida reazione di Natalia che lo spinse sotto un tavolo proteggendolo con il suo corpo. Trotskij stava dormendo a causa dei sonniferi che aveva preso. La sua prima impressione era che fosse in corso qualche celebrazione religiosa messicana con i fuochi d’artificio. Ma l’odore della polvere da sparo e l’imminenza del pericolo lo convinsero altrimenti. Ricordo che quando gli attaccanti se ne andarono sentimmo immediatamente la voce di Trotskij mentre cercava di sparare alle ombre che si muovevano attraverso il canale accanto alla casa. Subito dopo tutti i membri della famiglia si ritrovarono insieme. Trotskij era veramente euforico per essere sfuggito all’assalto. Ricordo anche che in seguito squillò il telefono, LD rispose e cominciò ad imprecare. Egli ovviamente pensava che fossero i suoi assalitori che cercavano di avere informazioni. Il suo atteggiamento presto cambiò in quanto una delle guardie, Sheldon, era stato rapito dagli assalitori.

Dopo l’attacco furono apportate modifiche all’edificio, grazie all’aiuto del Socialist workers party americano: porte blindate, nuove finestre e furono erette delle torrette per le guardie… Trotskij era un po’ scettico sull’utilità di tutti questi lavori. Era convinto che il nuovo attacco non sarebbe stato della stessa natura e non si sbagliava. Nessuno avrebbe potuto immaginare che Jackson – il compagno di Sylvia Ageloff, un generoso uomo d’affari, amichevole con le guardie e disinteressato alla politica – potesse essere un agente della GPU.

Fu lui a realizzare i desideri di Stalin.

Il 20 di agosto io stavo tornando a casa da scuola, percorrendo via Vienna, una lunga camminata.

Giunto a tre isolati dalla casa ho notato che qualcosa di strano stava succedendo. Sono corso dentro con ansia e vidi diversi poliziotti sulla porta, che era aperta. C’era anche una macchina parcheggiata male. Una volta entrato ho subito visto Harold Robbins, una delle guardie, che brandiva una pistola ed era molto agitato. Gli chiesi: “che succede?”. E lui rispose: “Jackson, Jackson…”. In un primo momento non avevo capito e continuai a camminare per un po’. Vidi un uomo, tra due poliziotti, con il volto sporco di sangue. Era in un pessimo stato e gridava, fuori di sé…

Quando lo ricordo penso alla condotta dei grandi “eroi” stalinisti e la paragono al modo in cui i trotskisti hanno lottato e sono morti sotto il piombo della GPU gridando “Viva Lenin! Viva Trotskij!” e cantando l’Internazionale.

Quando entrai nella casa, realizzai cosa era veramente successo. Natalia e le guardie erano lì. Un dettaglio che ricordo è che Trotskij, anche in quei momenti di confusione, non volle che il suo nipotino vedesse cosa era successo. Questo episodio mostra l’umanità dell’uomo che era mio nonno.

Ebbe la prontezza d’animo di ordinare che Jackson fosse catturato vivo. Sarebbe stato più utile da vivo. Le guardie picchiarono severamente Jackson ed Hansen si ruppe addirittura la mano picchiandolo. Quest’uomo fu accusato da Healy in seguito di essere a sua volta un agente.

Voglio chiudere citando le ultime parole del testamento di Trotskij.

“La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore”.

Una cosa mi manca da dire e penso sia molto importante. Nel nostro partito molti nuovi compagni si uniranno a noi senza avere la necessaria formazione politica ed è il compito dei compagni più esperti seguire la loro formazione. Questo è lo scopo fondamentale di questa scuola.

Luglio 2003.

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