La marcia di Barcellona contro il terrorismo: uno schiaffo in faccia agli imperialisti e ai guerrafondai

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La marcia di Barcellona contro il terrorismo: uno schiaffo in faccia agli imperialisti e ai guerrafondai

Una settimana fa, due attacchi terroristici hanno scosso le comunità catalana e spagnola a Barcellona e Cambrils. La destra reazionaria ha subito colto l’opportunità di spargere il proprio veleno razzista, seminando la paura e la divisione tra le masse, promuovendo misure repressive e intensificando gli interventi imperialisti all’estero.

Gli opinionisti di destra hanno tentato di rivolgere gli attacchi contro il diritto all’autodeterminazione catalana. Hanno attaccato pretestuosamente il governo della Catalogna e la polizia autonoma catalana. Hanno anche criticato il partito di sinistra Podemos e i suoi alleati nel consiglio comunale di Barcellona, ​​guidati dal sindaco di sinistra Ada Colau, accusati di non fare abbastanza per combattere il terrorismo.

Questa isteria è stata rifiutata dalle masse in modo spettacolare sabato 26, quando è stata convocata a Barcellona una manifestazione sponsorizzata dal governo, a cui ha partecipato mezzo milione di persone. Doveva essere una prova di forza dello Stato spagnolo in Catalogna. Erano presenti sia Rajoy, sia re Felipe VI – è la prima volta che un monarca spagnolo partecipa a una manifestazione pubblica. Grande slancio e aspettativa sono stati costruiti intorno alla manifestazione dai media borghesi.

Ma non è andata proprio così. I rappresentanti dello Stato spagnolo hanno dovuto innanzitutto digerire la decisione di Ada Colau, adottata sotto pressione della sinistra (CUP), di tenere lontani dalla testa del corteo i rappresentanti dei partiti politici. Sono stati posti in un secondo spezzone dietro gli striscioni di apertura con lo slogan No tinc por (non ho paura), tenuti dai lavoratori coinvolti nelle operazioni di soccorso nel giorno dell’attacco: medici, pompieri, lavoratori dei trasporti, poliziotti e rappresentanti di diverse associazioni, anche della comunità islamica.

In piedi sullo sfondo, il re e i politici del Partito Popolare hanno dovuto subire l’assordante marea di fischi di migliaia di manifestanti. Imbarazzo senza precedenti per la Monarchia e lo Stato spagnolo, e, per estensione, dell’establishment spagnolo e del regime post-Franco. I media di destra non hanno potuto nascondere i fischi e non hanno potuto presentarli come atti di piccoli gruppi di facinorosi, ma hanno dovuto ammettere, con stizza, che la maggioranza dei manifestanti era ostile alla presenza del Presidente e del Re.

Al contrario, Ada Colau, il leader di Podemos Pablo Iglesias e i politici del partito nazionalista di centro-sinistra ERC (Sinistra repubblicana Catalana) sono stati accolti con applausi. Anche il presidente catalano Carles Puigdemont è stato acclamato, anche se è un cinico demagogo di centro-destra. Per molti catalani di centro-sinistra, il carattere reazionario di Puigdemont è facile da dimenticare dato il diluvio di accuse pesanti che gli sono state inflitte dall’establishment spagnolo e dal fatto che ha coltivato negli ultimi tempi rapporti di sostegno con il gruppo nazionalista di sinistra di ERC.

Rajoy e il Re non sono stati soltanto contestati: erano completamente circondati da bandiere catalane, da alcune bandiere repubblicane spagnole e da striscioni che chiedevano pace e libertà contro il razzismo e l’islamofobia e che denunciavano i rapporti del capitalismo spagnolo, e del Re in persona, con la monarchia saudita. Lo striscione più visibile diceva: “Felipe, le persone che vogliono la pace non si occupano di armi”. Solo pochi metri dietro il re si trovava una bandiera massiccia (che tagliava l’intero corteo) con immagini di Felipe con sceicchi sauditi e di Bush, Blair e Aznar, sponsor della guerra in Iraq nel 2003 e con lo slogan “le tue politiche, la nostra morte”.  C’erano cartelli che collegavano direttamente gli attacchi terroristici a Barcellona con le guerre in Iraq e in Afghanistan. Un piccolo gruppo di manifestanti monarchici con bandiere spagnole è stato accompagnato in corteo dalla parte della polizia a causa del costante aumento dei contestatori.

Si tratta di slogan estremamente avanzati che legano il terrorismo con le politiche imperialiste delle potenze occidentali in Medio Oriente e con le dittature fondamentaliste come l’Arabia Saudita che sono sostenute dall’Occidente. L’establishment spagnolo è uscito dal corteo visibilmente sconfitto. Anche lo slogan ufficiale No tinc por è disprezzato dalla destra, che avrebbe voluto generare paura e passività nelle masse. Il giornale conservatore El Español ha scritto nel suo editoriale: “lo slogan principale della manifestazione stessa è scoraggiante, perché dopo quello che è accaduto a Barcellona e in altre città europee, la cosa normale sarebbe avere paura a causa del carattere casuale e indiscriminato degli attacchi degli jihadisti “(El Español, 26/08/2017).

È molto significativo che la destra spagnola non sia stata in grado di capitalizzare sostegno attorno alla paura di questi attentati come avrebbe voluto. Nonostante tutta le propaganda ufficiale, centinaia di migliaia di persone si sono mobilitate contro la guerra, il razzismo e la monarchia. Il ruolo in questi eventi della sinistra radicale catalana favorevole all’indipendenza, vale a dire della CUP (Liste di Unità Popolare) è stato particolarmente degno di lode. A partire dal primo giorno hanno identificato la responsabilità per il fondamentalismo islamico nelle politiche imperialiste del governo e dei suoi alleati all’estero. Nel giorno della manifestazione, hanno organizzato un corteo separato, convocato insieme a un gran numero di associazioni della società civile, di sinistra e di quartiere, in opposizione alla presenza di Rajoy e del re nella manifestazione ufficiale. Un contrasto con la la posizione di Podemos e Ada Colau. Malgrado le loro critiche corrette alle politiche allarmiste di Rajoy e alle strette connessioni personali del re con la monarchia saudita, sono caduti nella trappola dell’unità nazionale e hanno contrastato i tentativi di “politicizzare” la marcia (come se la presenza di Rajoy e del Re non fosse un tentativo di politicizzazione). Podemos e Ada colau avrebbero potuto imparare una o due cose dalla CUP!

Tuttavia, anche se applaudiamo il coraggio dei compagni della CUP, dobbiamo anche dire che le loro corrette critiche all’imperialismo spagnolo contrastano con il loro sostegno alla coalizione nazionalista e guidata dalla destra al governo in Catalogna. Il partito nazionalista conservatore PDeCAT (Partito Democratico europeo della Catalogna), che guida questa coalizione, è da sempre l’utile alleato dell’imperialismo spagnolo nel parlamento di Madrid. Ad esempio, hanno votato a favore del bombardamento della Libia nel 2011 e hanno precedentemente sostenuto le varie fasi dell’operazione in Afghanistan. Più di recente, hanno concordato in linea di principio di firmare il patto spagnolo contro il terrorismo promosso dal Partito Popolare. Questo partito rappresenta gli interessi della borghesia catalana, che non è meno marcia della sua controparte spagnola, e i suoi alleati stranieri non sono meno disprezzabili, visti gli stretti legami con il Qatar in particolare. Una battaglia costante contro le politiche capitalistiche che sconvolgono il Medio Oriente, che hanno posto i semi della crescita del fondamentalismo islamico e che hanno trasformato le periferie depresse di molte città europee in un terreno fertile per i terroristi, significa anche una lotta costante  che possa radunare e conquistare i lavoratori e gli oppressi contro la classe dominante di tutta la Spagna e di Catalogna.

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