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I veri obiettivi della missione italiana in Niger

Uno degli ultimi atti del governo Gentiloni è stato l’approvazione del decreto che autorizza la missione militare italiana in Niger. Una “missione sacrosanta per l’interesse dell’Italia”, come l’ha definita il Primo ministro. Il contingente dovrebbe raggiungere le 470 unità e gli scopi della missione sono stati individuati nella “lotta al traffico di esseri umani e al terrorismo”. Chiunque butti un occhio alla cartina del Niger comprenderà immediatamente che poche centinaia di soldati non potranno controllare le migliaia di chilometri di confine nigerino con Libia e Ciad a nord e a est del paese e impedire l’arrivo dei profughi in Libia.

Le ragioni dell’intervento sono ben altre. L’esercito italiano affiancherà la missione militare francese “Barkhane”, presente dal 2013 in Niger e Mali con oltre 4mila uomini. Parigi è intervenuta pesantemente nella regione quando ha avvertito il pericolo che i propri interessi fossero a rischio: in Mali guerriglia tuareg e milizie fondamentaliste, alleate, potevano rovesciare il governo di allora, fedele lacchè di Parigi. La guerriglia è presente anche in Niger e ha attaccato più volte le aziende francesi. Dal 2013 il Mali e il confinante Niger sono divenuti, di fatto, protettorati francesi.
Il Niger è un paese ricco di materie prime: è il quinto produttore di uranio al mondo. Allo stesso tempo, è uno dei dieci paesi più poveri del pianeta per ciò che riguarda il tenore di vita della popolazione. Areva, la multinazionale francese, estrae in Niger il 35% del fabbisogno delle centrali nucleari francesi, che forniscono circa la metà dell’energia elettrica del paese transalpino ( esportata anche in Italia).

Nel paese subsahariano sono presenti giacimenti auriferi e di recente è iniziata un’attività estrattiva petrolifera. Le riserve non sono paragonabili a quelle della vicina Nigeria, ma nemmeno disprezzabili, tanto da attrarre l’interesse delle multinazionali russe e cinesi. L’imperialismo occidentale cerca di contrastare, mostrando i muscoli dal punto di vista militare, la crescente influenza della Cina in Africa, fattasi largo a suon di investimenti negli ultimi anni.
L’interesse italiano nei confronti dell’Africa non si limita al Niger. Oltre al noto impegno in Libia, le Forze armate tricolori hanno uomini dispiegati anche in Tunisia, Mauritania e Marocco.
La classe dominante italiana prova a mettere un piede nel continente, come potenza di secondo piano però, come spiega il Sole 24 ore: “L’operazione [in Niger, ndr] rischia quindi di vedere gli italiani relegati al ruolo di gregari o “ascari” di quella Francia che continua a essere il peggior rivale dell’Italia in Libia.

Forse il governo italiano ha proprio scelto di interpretare questo ruolo secondario con l’obiettivo di entrare nel novero delle potenze che si spartiranno le risorse, attuali e soprattutto future, di questi paesi.
L’intervento militare delle potenze imperialiste, tuttavia, non risolve alcun problema. Il saccheggio delle ricchezze dei paesi africani non fa che esacerbare il risentimento delle masse nei confronti della prepotenza delle borghesie occidentali .
Dietro il velo dell’intervento umanitario c’è tutta la cruda realtà di un’occupazione militare imperialista. Il nostro compito è di squarciare il velo dell’ipocrisia e rivendicare il ritiro di tutte le missioni italiane all’estero.

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