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40 anni fa il Golpe in Argentina: una dittatura contro l’insorgenza operaia

Il 24 Marzo di quaranta anni fa le forze armate argentine guidate dal generale Jorge Rafael Videla diramavano un comunicato in cui dichiaravano che la Junta Militar assumeva nelle sue mani il governo del paese. Con il sostegno dei grandi capitalisti, dell’imperialismo e delle Gerarchie ecclesiastiche il governo di Isabel Peron, salita al potere dopo la morte del marito nel Luglio 1974 già in profonda crisi, fu destituito per dare inizio ad una delle più sanguinose dittature dell’America latina.

Il Golpe arrivava dopo quasi un decennio di crescita dello scontro sociale nel quale il movimento operaio stava sempre di più assumendo quell’ indipendenza sindacale e politica che era mancata nella storia argentina a causa del fenomeno peculiare legato alla figura di Juan Domingo Peron.

Peron fu capace di di svolgere questa demagogia sociale e in parte la realizzò perché l’Argentina era in una situazione favorevole a causa della seconda guerra mondiale e dell’enorme richiesta dei carne, grano e altri prodotti agricoli coltivati in Argentina. Durante la guerra e soprattutto nel dopoguerra i prezzi di queste merci erano alti.

Su questa base, per un periodo temporaneo è stato possibile concedere importanti riforme.

Basandosi sul sostegno “dell’operaio e dell’esercito” Peron potè colpire gli odiati imperialisti stranieri, in particolare gli “yankee”.

Ma potè anche denunciare “i falsi predicatori che hanno occupato i sindacati, ingannando i lavoratori, tradendoli o portandoli sul terreno della politica e dell’ideologia internazionale”.

Dichiarò : “la creazione della Segreteria del Lavoro e della Previdenza sociale ha avviato l’epoca della politica sociale argentina. L’epoca di instabilità e disordine in cui erano sommerse le relazioni tra imprenditori e lavoratori ce le siamo lasciate alle spalle per sempre.(…) Le imprese private garantiranno che siano pagati i salari e che si seguano le sane regole del benessere umano, lo stato riconoscerà i loro sforzi nell’interesse dell’economia generale”.

La politica Dipartimento era quella “dei più alti principi di collaborazione sociale … Promuovere il nuovo capitale privato …”. Certamente, per un periodo, Peron effettuò riforme radicali: aumento generale dei salari, tredicesima natalizia, orario di lavoro di 8 ore al giorno, vacanze pagate e assicurazione contro gli infortuni; anche i lavoratori agricoli beneficiarono della giornata lavorativa di 8 ore, dei requisiti minimi di cibo, di periodi di riposo, di un salario minimo, di ferie pagate, alloggio decente, scuole, assistenza medica gratuita, diritto di organizzazione e diritti civili.” (Ted Grant, La Rivoluzione argentina, 13 luglio 1973)

Ma questo sistema fatto di paternalismo, controllo delle organizzazioni sindacali purgate degli elementi ostili a Peron e politica di compromesso di classe era destinato ad entrare in crisi. Da una parte la borghesia riteneva troppo costose le riforme peroniste, dall’altra settori crescenti del movimento operaio si spostavano a sinistra provando a spingere Peron in una direzione in cui non aveva alcuna intenzione di andare.

Negli anni dell’ascesa dell’Argentina peronista si era formata una classe operaia importante e malgrado la demagogia nazionalista numerose imprese straniere avevano investito rafforzando numericamente l’apparato industriale e con esso la forza operaia.

Un'immagine del Cordobazo

Un’immagine del Cordobazo

Nel paese si formarono importanti concentrazioni industriali non solo a Buenos Aires ma anche a Cordoba, Rosario e Tucuman. Già negli anni ’60 nelle fabbriche esisteva una seconda generazione operaia, per usare le parole di Marx “le condizioni economiche trasformarono la massa di popolazione del paese in lavoratori”.

Nello stesso periodo un settore significativo di figli di operai entrava nell’università e insieme ad alcuni settori chiave della classe operaia giocheranno un ruolo decisivo nel fenomeno dell’insorgenza operaia e giovanile che si aprirà con il Cordobazo, la rivolta di massa di Cordoba nel 1969, e si chiuderà con l’avvento al potere dei militari.

A Corboba e in altre città si era sviluppata una importante industria del settore metalmeccanico, in particolar modo legato all’industria dell’auto. La Concord (Fiat), la Kiaser (Renault) ma anche la Ford e la Mercedes erano aziende in cui si concentrava una manodopera giovane e combattiva con una presenza politica significativa di quadri della sinistra peronista e dell’estrema sinistra. Tutto era iniziato con le manifestazioni studentesche per la diminuzione del prezzo delle mense ma il salto di qualità si ebbe quando nella Torino dell’America latina scesero in campo i bastioni pesanti della classe operaia, rivendicando la fine della gabbie salariali. Alle manifestazioni operaie si erano subito uniti gli studenti, costringendo la Confederacion General de los Trabajadores (Cgt) a convocare uno sciopero generale. Una vera e propria insurrezione di massa che tenne in mano la città per un giorno scontrandosi con la polizia. Solo dopo l’intervento dell’esercito fu ristabilita la calma ma quelle giornate aprirono una nuova fase di ascesa della lotta di classe in Argentina.

Agustin Tosco, uno dei principali leader del Cordobazo

Agustin Tosco, uno dei principali leader del Cordobazo

Il contesto degli anni ’70 era molto diverso da quello degli anni d’oro del peronismo. Alla crescita della capacità industriale rispondeva sempre meno il benessere sociale del dopoguerra.

“Lo sviluppo industriale dell’Argentina, che aveva ricevuto un grande impulso nelle due guerre mondiali, esprime nella produzione di acciaio che ha raggiunto un milione e mezzo di tonnellate nel 1970, la produzione di vetture nel 1970 è di 220.817, 2.000 vagoni ferroviari e 3.000 locomotive elettriche con il 25% dei componenti importati, vagoni della metropolitana, prodotti chimici, cuoio e 5 milioni di tonnellate di cemento. I lavoratori della cantieristica navale hanno prodotto 40.000 navi. Secondo le stesse fonti ci sono 3,7 milioni di membri del sindacato, con le loro mogli e le famiglie, costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione dell’Argentina. 360.000 persone sono senza lavoro, anche se le favelas indicano che ce ne sono molti di più. Il costo della vita è aumentato e l’inflazione fa passi da gigante. Il tasso di inflazione ufficiale l’anno scorso era dell’ 80% (nel 1972 ndr) .” (Ted Grant, La Rivoluzione argentina 13 Luglio 1973)

imgp3062La prima metà degli anni ’70 sarà caratterizzata da una innumerevole serie di lotte vittoriose con scioperi, picchetti e occupazioni di fabbriche come quella della Fiat di Cordoba nel Febbraio 1971 o come quella del cantiere navale Astarsa.

Nella provincia di Mendoza il 4 aprile 1972 viene dichiarato lo stato di emergenza dopo 24 ore di sciopero generale contro l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica. Nelle manifestazioni c’è un morto e 69 feriti negli scontri con la polizia, vengono bruciate 147 automobili e distrutte le vetrate di oltre 200 negozi.

Nel giugno del 1972 c’è uno sciopero generale di 24 ore a Tucuman, carri armati ed esercito vengono inviati per disperdere gli studenti e rimuovere le barricate nelle strade . Il 28 Giugno 1972 ci furono manifestazioni a Buenos Aires, Tucumán, La Plata e Mendoza, che vengono represse dall’esercito e dalla polizia.

In tutte queste lotte la critica al padronato e alla burocrazia sindacale è crescente e si afferma un sindacalismo combattivo sempre più indipendente dall’apparato peronista.

Nascono e si sviluppano esperienze di sindacalismo classista, combattivo e antiburocratico. Queste esperienze sindacali non sono solo protagoniste di lotte estremamente radicali nelle forme ma anche di pratiche di democrazia operaia e protagonismo dei lavoratori che le collocano all’avanguardia del movimento.

Sulla spinta della lotta di classe assieme alla polarizzazione sociale c’è anche una polarizzazione politica, non solo con una crescita dell’estrema sinistra ma soprattutto con una polarizzazione dentro il peronismo tra un settore che è velocemente spinto a sinistra dagli eventi ed un altro che si radicalizza contro il movimento operaio organizzato e le sue avanguardie.

La piazza "montonera" del primo maggio 1974

La piazza “montonera” del primo maggio 1974

L’esempio più classico di questo scontro è il massacro di Ezeiza del Giugno 1973 in cui in occasione del ritorno definitivo di Peron in Argentina centinaia di migliaia di giovani e lavoratori corrono ad acclamarlo all’aeroporto di Ezeiza, appunto. Dal palco che ospitava Peron cecchini dell’estrema destra peronista aprono il fuoco contro i militanti Montoneros e la Gioventù peronista provocando 13 morti e 365 feriti .

Al suo ritorno Peron prende le distanze dalla sinistra e si sposta sempre più a destra. Pochi mesi prima della sua morte nel suo discorso del 1 Maggio attacca frontalmente la sinistra peronista legata ai Montoneros costringendoli ad abbandonare la piazza.

La frustrazione per il “tradimento” di Peron e la debolezza della sinistra rivoluzionaria argentina, imprigionata nel suo settarismo, spinsero un settore di giovani radicalizzati sulla strada dell’impazienza e della lotta armata.

Il dibattito della sinistra argentina risentiva in quegli anni della spinta fochista che sull’onda del castrismo spinse migliaia di giovani e lavoratori a separarsi dai luoghi fondamentali del conflitto come le fabbriche, le università ed i quartiere per abbracciare il vicolo cieco della lotta armata.

Questo non solo accadde tra le fila della sinistra peronista ma anche tra le forze che formalmente si richiamano al marxismo rivoluzionario. La maggioranza dell’organizzazione legata alla Quarta Internazionale il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori (Prt) diretto da Roberto Santucho, sostenuta dall’Internazionale, sceglieva tragicamente la linea del terzomondismo e della guerriglia arrivando a sostenere che la sconfitta del Cordobazo era dovuta “alla carenza di un esercito rivoluzionario”.

Lo spostamento del conflitto da quello dello scontro di classe e dall’azione di massa a quello sul piano politico-militare favoriva la scelta repressiva dei settori più reazionari del peronismo legati all’Alleanza Anticomunista Argentina.

Tra il Giugno e il Luglio 1975 si sviluppò una mobilitazione contro il ministro dell’Economia del Celestino Rodrogo detto “il Rodrigazo”. Il tentativo del governo di Isabel Peron di mettere in discussione la contrattazione collettiva, congelare i salari e liberalizzare il prezzo del combustibile provocò un movimento di massa che vide decine di migliaia di giovani e lavoratori prendersi le strade del paese. La vittoria del movimento dimostrò alla borghesia e all’imperialismo quanto il governo di Isabel Peron non fosse in grado di contenere la spinta operaia e pose nei fatti le basi per il futuro colpo di stato.

Infatti non furono le azioni pur eclatanti della guerriglia dei Montoneros o del Prt come il rapimento e l’omicidio dell’ex presidente Pedro Eugenio Aramburu a spingere l’oligarchia argentina e la Cia ad intraprendere la strada delle dittatura ma quell’insubordinazione operaia e giovanile che metteva in pericolo le fondamenta del capitalismo argentino.

Orlando Ramon Agosti (destra), Jorge Rafael Videla (Centro), Emilio Massera (sinistra). I tre membri della Junta.

Orlando Ramon Agosti (destra), Jorge Rafael Videla (Centro), Emilio Massera (sinistra). I tre membri della Junta.

Il sostegno degli Stati Uniti alla dittatura era parte della cosiddetta operazione Condor che mirava all’instaurazione di una serie di sanguinose dittature militari in America Latina contro l’ascesa della lotta di classe e del comunismo nel continente.

Come dichiaro l’ammiraglio Emilio Massera capo di stato maggiore della marina militare, tra i maggiori responsabili del colpo di stato del 1976: ”questa è una guerra tra materialismo dialettico e umanesimo idealista (…) tra la libertà e la tirannia(…). Stiamo combattendo contro dei leninisti (…) il cui obbiettivo è la distruzione in se, anche se mascherata da redenzione sociale

Le fragili basi sociali delle quattro giunte militari che si alternarono al potere tra il 1976 e il 1983 ne fecero una delle più spietate dittature della storia.

Durante gli anni della dittatura oltre 30.000 persone furono assassinate e 9000 risultavano ancora disperse. Molti di loro sono scomparsi nei cosiddetti “voli della morte” durante i quali venivano legati e gettati nell’oceano, costretti ad una orribile morte per annegamento. Durante l’epoca delle Juntas nei 610 centri di detenzione clandestina 50000 persone furono detenute, torturate e costrette a subire le peggiori umiliazioni.

Lo spirito sadico dei torturatori non risparmiò nemmeno i bambini. Molte militanti furono sequestrate incinte. Furono fatte partorire prima del loro assassinio e i loro figli vennero “donati” dandoli in adozione a persone conniventi con il regime.

La politica golpista prese il nome di “Processo di riorganizzazione nazionale” e non fu sostenuta solo dall’imperialismo, dai grandi industriali o dai grandi gruppi bancari argentini. Anche le gerarchie ecclesiastiche ebbero un ruolo di primo piano: il nunzio apostolico Pio Laghi (ritratto in numerose foto intento a giocare a tennis con i generali golpisti) e l’ex presidente della Conferenza episcopale Raul Primatesta e altri vescovi appoggiarono ogni azione della Junta e offrirono preziosi consigli al governo rispetto alla gestione dei detenuti-desaparecidos.

La “nuova Argentina” di Videla non si poteva permettere libertà democratiche e sindacali e nemmeno i rischi di un normale regime borghese parlamentare. La campagna di privatizzazioni e di arretramento delle condizioni dei lavoratori saranno il risultato più evidente del golpe sul terreno dei rapporti economici.

La ripresa delle mobilitazioni e la sconfitta subita dalla Gran Bretagna nella guerra delle isole Malvine, tragicamente sostenuta dalla sinistra argentina, daranno la spallata al regime che con i suoi desaparecidos resta ancora una ferita aperta per il popolo argentino.

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